2014/04/21

Costava di più il Saturn V o lo Shuttle?

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di antgarofalo* e con il contributo di pgc ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Lo Shuttle Columbia.
Credit: NASA.
Una domanda ricorrente, quando si parla di costi del programma Apollo, è se fosse più caro un lancio di un Saturn V o quello di uno Shuttle. La risposta dipende in gran parte dai criteri adottati per calcolare i costi.

Il lancio, infatti, non è che la fase finale di un progetto che ha comportato spese di ricerca e sviluppo, spese di costruzione, stipendi e spese di manutenzione del personale e delle infrastrutture di lancio, e altro ancora. Non è, insomma, semplicemente una questione di costruire un esemplare di un veicolo, riempirlo di propellente e portarlo alla rampa di lancio.

Il costo complessivo del programma Shuttle, dal 1971 al 2010, ripartito su 131 voli, è stato di 192 miliardi di dollari (in valuta del 2010), secondo Roger Pielke (Space Policy, 10, 78-80; 1994; lettera a Nature di Pielke, in Nature del 7 aprile 2011, pag. 38). Questo indica un costo medio per lancio di circa 1,46 miliardi di dollari.

Tuttavia, come nota il documento Space Transportation Costs: Trends in Price Per Pound to Orbit
1990-2000
(2002), a pagina 3, il costo di un ipotetico singolo volo in più dello Shuttle può essere stimato in modo molto diverso: “There are several ways to compute the cost of a shuttle mission, ranging from dividing the total NASA budget for the shuttle by the number of launches each year to estimating the marginal cost of one additional shuttle flight. The former method can produce per-launch costs of over $500 million, while the latter can lower the cost below $100 million. NASA's Space Transportation Architecture Study in the late 1990s estimated a shuttle launch cost of $300 million, based on an annual budget of $2.4 billion and eight flights a year, a rate NASA approached or achieved for most of the 1990s.” Per esempio, la missione Shuttle di riparazione del telescopio spaziale Hubble sarebbe costata, secondo le stime del 2006 dell'amministratore della NASA Mike Griffin, circa 200 milioni di dollari: circa 100 per i componenti non riutilizzabili (serbatoio esterno, parti dei booster e altro) e altrettanti per la manutenzione post-volo.

Per il Saturn V, invece, il costo dell'intero programma di ricerca e sviluppo Saturn (inclusi il Saturn I, il Saturn IB e il Rover) e dei suoi lanci ammontò a circa 9,3 miliardi di dollari dell'epoca (fonte: Stages to Saturn), pari a circa 48 miliardi di dollari in valuta del 2010. Da questi 48 miliardi ne vanno sottratti circa 5,9 per i 10 lanci dei Saturn I e i 9 lanci del Saturn IB, che ebbero un costo stimato di 310 milioni di dollari l'uno (in valuta del 2010). Restano circa 42,1 miliardi di dollari, da ripartire su 13 voli del Saturn V (2 voli di collaudo, 10 con equipaggio e 1 con lo Skylab), per cui il costo medio di un lancio Saturn V ammonterebbe a circa 3,24 miliardi di dollari (in valuta del 2010).

Il Saturn V era quindi oltre due volte più caro dello Shuttle per singolo lancio, ma portava 4,4 volte il carico utile di uno Shuttle (127.000 kg contro 29.000 kg), per cui in termini di carico utile era in realtà molto più economico (25 milioni di dollari per tonnellata contro 50 milioni/tonnellata dello Shuttle). Va considerato, inoltre, che il numero molto più basso di lanci del Saturn V (13 in tutto contro 131 dello Shuttle) fa aumentare enormemente l'incidenza dei costi di sviluppo su ogni singolo lancio.

2014/04/16

Ken Mattingly (Apollo 16) si racconta: conferenza a Pontefract, aprile 2014

di Paolo Attivissimo

Pochi giorni fa l'astronauta lunare Ken Mattingly ha raccontato le proprie esperienze con le missioni Apollo e Shuttle. Questo è il video della sua conferenza organizzata da Space Lectures.



Ringrazio Luigi Pizzimenti per la segnalazione del video.

2014/04/13

Ci ha lasciato Pat Collins, moglie di Michael (Apollo 11, Gemini 10)

di Paolo Attivissimo

Pat con Michael nel 1969
(Ralph Morse/LIFE)
Il Boston Globe ha pubblicato l'annuncio della morte di Patricia Mary Finnegan Collins, moglie dell'astronauta Michael Collins, a 83 anni il 9 aprile scorso. Pat viene ricordata anche dalla NASA e da CollectSpace.

L'astronauta che per primo fece l'esperienza di essere completamente da solo a quattrocentomila chilometri dalla Terra, senza i propri compagni di viaggio quando Neil e Buzz erano sulla superficie lunare, senza neppure il conforto delle comunicazioni radio quando orbitava dietro la faccia nascosta della Luna, ora deve affrontare una solitudine ancora più profonda.

A lui e ai familiari di Pat Collins vanno i pensieri e le condoglianze dei tanti appassionati d'astronautica che l'hanno conosciuta.


2014/04/06

Le “bolle” di Apollo 16, le balle dei complottisti

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di robven*.

Di recente un complottista ha pubblicato un video (che non linko per non regalargli pubblicità e pagerank) nel quale si sostiene una tesi non nuova ma decisamente surreale: alcuni oggetti che si vedono muoversi nella ripresa di una passeggiata spaziale della missione Apollo 16 sarebbero bolle d'aria che tradirebbero il trucco (una ripresa in piscina) usato per simulare in studio l'escursione nello spazio.

Da un punto di vista strettamente logico, la tesi è priva di senso perché si scontra subito con alcune obiezioni di fondo:
  • se fossero davvero bolle, avrebbe senso che la NASA sia stata così incompetente da lasciare che si vedessero ben diciotto volte (secondo quanto asserito nel video complottista), sbugiardando la messinscena? Visto che erano (secondo la tesi complottista) in una piscina su un set, perché non hanno semplicemente girato di nuovo la scena facendo in modo che non scappassero bolle?
  • negli oltre quarant'anni durante i quali questo filmato è stato disponibile, come mai nessun esperto ha mai sollevato dubbi sulle presunte bolle, e come mai gli unici dubbi in proposito provengono da persone non competenti come il complottista in questione (che non ha alcuna qualifica in astronautica o volo spaziale)?
C'è poi il classico atteggiamento del pensiero cospirazionista: l'autore del video ignora tutte le conferme tecniche (anche russe, cinesi e indiane) della realtà delle missioni lunari Apollo, ignora tutta la loro immensa documentazione scientifica (non solo mai contestata dagli esperti, ma addirittura usata come base per le missioni europee, russe e cinesi), e si concentra su un minuscolo aspetto (che pare strano solo a lui, perché non è esperto della materia) per elevarlo a prova di complotto.

Inoltre c'è un'obiezione fisica alla tesi delle bolle: se fossero davvero bolle, si sposterebbero tutte esattamente nella stessa direzione, correndo verticalmente verso la superficie dell'ipotetica piscina. Invece nel video del cospirazionista le presunte bolle viaggiano in direzioni molto differenti, nonostante la voce narrante suggerisca il contrario. Quale misteriosa forza farebbe salire delle bolle diagonalmente invece che verticalmente in una piscina? Il narratore non lo spiega.

Confrontiamo, per esempio, la “bolla” numero 1 con la “bolla” numero 13” (ho abbinato alcuni fotogrammi dal video cospirazionista e aggiunto la freccia):


 

Avete mai visto bolle d'aria sott'acqua andare in direzioni così differenti?

Anche stavolta, insomma, il cospirazionista è così innamorato della propria tesi che non si ferma a verificarne la coerenza interna ed è disinvoltamente disposto a soprassedere alle sue contraddizioni e assurdità pur di sostenerla.

Detto questo, le tesi di complotto sono una buona occasione per soffermarsi sul bel filmato originale (pubblicato qui da Science Photo Library e restaurato magnificamente da Footagevault, in versione molto migliore di quella presentata dal cospirazionista). Possiamo scoprirne la storia affascinante e arrivare così alla spiegazione tecnica delle presunte “bolle”.

Il filmato è una ripresa cinematografica su pellicola 16mm a colori, realizzata durante la passeggiata spaziale (EVA) effettuata da Ken Mattingly nel corso della missione Apollo 16, durante il viaggio di ritorno dalla Luna, a 310.000 chilometri dalla Terra, ad aprile del 1972, nel decimo giorno di missione. I dettagli sono raccolti in questa pagina dell'Apollo Flight Journal.

Questa EVA è necessaria, secondo il piano di missione, per recuperare i caricatori che contengono le pellicole delle fotocamere cartografiche installate in un vano (il SIM bay) del Modulo di Servizio di Apollo 16. Mentre John Young e Charlie Duke erano sulla Luna, infatti, Ken Mattingly aveva il compito di comandare queste fotocamere di grande formato per raccogliere immagini dettagliate della superficie lunare. Le apparecchiature utilizzate, e le mappe risultanti, sono descritte in questa pagina dell'Apollo Flight Journal.

Mattingly quindi esce dall'abitacolo del Modulo di Comando e usa le maniglie situate lungo il Modulo di Servizio per raggiungere il vano, estrarne i caricatori e portarli in cabina. Charlie Duke si sporge dal portello del Modulo di Comando per dargli assistenza. L'attività è illustrata e chiarita (con qualche licenza artistica, come le stelle visibili) in questo bel disegno d'epoca, che mostra l'ubicazione del SIM bay e della cinepresa e telecamera (l'escursione nel vuoto fu infatti ripresa sia da una telecamera, che la trasmise a Terra in diretta, sia da una cinepresa che girava a 12 fotogrammi al secondo, ed entrambe le riprese sono disponibili nell'apposito cofanetto di DVD della Spacecraft Films):


Con questi dati tecnici possiamo osservare che le “bolle” provengono tutte, guarda caso, dalla direzione nella quale si trova il portello aperto (in basso a sinistra, nel filmato). Questo suggerisce che si tratti di materiale proveniente dall'interno della cabina.

Ma quale forza lo sospinge? Se il materiale proviene dall'interno della cabina, abbiamo anche per questo una spiegazione logica e coerente: nella cabina c'è il terzo astronauta, John Young, che si muove e con i suoi movimenti urta e sposta le particelle di vari materiali che sono presenti nell'abitacolo. In più ci sono i vari sistemi di bordo, che in seguito alla depressurizzazione sfiatano e sospingono condensazione e residui d'ogni genere. Le particelle urtate e sospinte in direzione del portello emergono e seguono le leggi della fisica, allontanandosi in linea retta. Il loro moto è accelerato dalla ripresa fatta a 12 fotogrammi al secondo e presentata a 24 (l'azione, insomma, è mostrata al doppio della velocità reale).

Il fenomeno è assolutamente normale e viene serenamente commentato per esempio da John Young e Charlie Duke nell'audio di bordo, in cui Young segnala le bolle d'acqua che si allontanano e la condensazione lungo le linee di alimentazione del glicole:

219 31 21 Young (onboard): It's coming off - it's coming off the - conden - the condensation is coming off the glycol lines.

219 31 26 Duke (onboard): Oh.

219 31 28 Mattingly (EVA): Probably getting some off the bulkheads, too --

219 31 29 Young (onboard): Yeah, that's right ...

219 31 30 Mattingly (EVA): ...drying this place out.

219 31 32 Young (onboard): I mean to tell you, there's a lot of cotton-picking water in this machine. Didn't you notice all them bubbles leaving? That was all water.

219 31 38 Duke (onboard): Yeah.

Uno di questi oggetti, fra l'altro, non visibile nel video cospirazionista, è l'anello nuziale che Mattingly aveva smarrito in cabina giorni prima. Duke riuscì ad agguantarlo e recuperarlo mentre si allontanava dal veicolo (Apollo Flight Journal, 219:25:49).

La spiegazione delle “bolle”, insomma, diventa chiara e logica se si conosce la situazione e si ha familiarità con l'astronautica e con un po' di fisica di base: per questo nessun esperto ha mai considerato questo fenomeno come degno di nota.

Naturalmente questo non impedirà ai complottisti di inventarsi qualche altra giustificazione per i propri deliri. Ma questo è un problema loro, e non nostro: noi possiamo goderci il coraggio e l'ingegno di chi si avventura nel vuoto, sospeso tra due mondi, e ci porta a casa immagini uniche ed esperienze impareggiabili. E per i tanti che, come me, hanno avuto l'onore e il piacere di parlare con i protagonisti di queste missioni estreme, l'idea che qualcuno ancora si ostini a voler denigrare il talento dell'umanità genera solo un sorriso di compassione.

Con Charlie Duke a Chiasso, 2010.