2009/09/30

Il sito dell'Apollo 11 visto di nuovo (e meglio) dalla sonda LRO

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

E' stata pubblicata il 29 settembre scorso una nuova immagine più dettagliata del sito di allunaggio della missione Apollo 11, scattata dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter l'8 agosto 2009, a un mese di tempo dalla prima ripresa della zona.

La macchia bianca etichettata Eagle Descent Stage qui sotto è lo stadio di discesa del modulo lunare, lasciato sulla Luna dagli astronauti (che ripartivano usando solo la metà superiore del veicolo). La sigla LRRR contrassegna il retroriflettore laser utilizzato per misurare la distanza Terra-Luna, mentre PSE indica il sismografo.

Il sito dell'Apollo 11 fotografato da LRO (agosto 2009)
Credit: NASA/GSFC/Arizona State University


Nell'ingrandimento qui sotto si scorgono anche la telecamera (TV Camera) che trasmise la diretta dello sbarco e la traccia (indicata dalla freccia senza testo) delle impronte lasciate da Neil Armstrong per raggiungere il bordo del cratere Little West. Per dare un'idea delle dimensioni in gioco, il cratere Little West ha un diametro di 33 metri.

Il sito dell'Apollo 11 fotografato da LRO (agosto 2009)
Credit: NASA/GSFC/Arizona State University


E' interessante confrontare quest'immagine attuale con la mappa degli spostamenti degli astronauti contenuta nella documentazione tecnica della NASA:

Apollo 11 - Traverse MapTraverse Map della missione Apollo 11. Credit: NASA.
SWC = Solar Wind Collector; ALSCC = Apollo Lunar Surface Closeup Camera.

Nella nuova immagine, secondo quanto annunciato dal sito dell'LRO, il sole è più alto di circa 28 gradi rispetto all'immagine precedente, per cui le ombre sono più corte e si notano meglio le variazioni di luminosità. L'immagine ha una risoluzione di 1,17 metri per pixel ed è scaricabile in forma grezza qui.

Essendo stata scattata prima della discesa all'orbita definitiva, avvenuta il 15 settembre scorso, l'immagine non rappresenta ancora il massimo risultato possibile per gli strumenti della sonda LRO.

2009/09/29

Ci sono immagini della stessa scena con e senza il modulo lunare, quindi hanno riciclato i fondali?

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Bad Astronomy e Iangoddard.com

C'è chi teorizza che alcune fotografie delle missioni Apollo rivelano che le montagne lunari sullo sfondo sono in realtà fondali finti e oltretutto riciclati per più di una fotografia. Lo hanno asserito per esempio il documentario di FOX TV Conspiracy Theory: Did We Land On the Moon? (2001) e il sito Aulis.com.

Un esempio di questi "fondali finti" sarebbe costituito dalla coppia di foto mostrate qui sopra e tratte dalla missione Apollo 15. Le montagne sullo sfondo sono identiche (sono l'Hadley Delta), ma nella foto di destra non c'è il modulo lunare. Come mai?

Molto semplice: furono scattate nella stessa direzione ma da due posti molto differenti, lontani circa un chilometro e mezzo l'uno dall'altro, uno a circa 125 metri dal modulo lunare, verso nord-ovest, e l'altro a 1400 metri di distanza dal modulo, verso ovest. Ecco perché il modulo lunare non c'è nella seconda foto: è troppo lontano.

E' come fotografare il Vesuvio da due punti separati da qualche centinaio di metri: il vulcano avrà lo stesso aspetto, ma le case in primo piano saranno "scomparse". Eppure non mi risulta che il Vesuvio sia un fondale finto.

Vediamo i dati, che i lunacomplottisti evitano accuratamente di fornire. Le immagini in questione sono porzioni della foto AS15-82-11057 (a sinistra) e della foto AS15-82-11082. La documentazione della missione presso Apolloarchive.com e il resoconto delle attività indicano che la prima fotografia fu scattata dalla posizione Station 8, a circa 125 metri a nord-ovest del modulo lunare, nell'ambito di una sequenza panoramica (animata in modo straordinario da Moonpans.com), mentre la seconda fu scattata dalla posizione Station 9, situata a 1400 metri a ovest del modulo lunare e visibile nella mappa degli spostamenti degli astronauti (Traverse Map) qui sotto.


La mappa degli spostamenti degli astronauti dell'Apollo 15.
La X indica il modulo lunare. La Station 8 è troppo vicina al
modulo lunare per essere mostrata separatamente.

Inoltre è falso che i due "fondali" siano identici: lo sembrano quando vengono mostrati nelle immagini sgranate presentate dai lunacomplottisti, ma se si confrontano gli originali ci si accorge che ci sono delle differenze, dovute al cambiamento di punto di vista, come mostrato eloquentemente da quest'animazione di Hypnoide.com o dal video qui sotto.

Anzi, il confronto fra le due immagini dimostra proprio il contrario della tesi lunacomplottista, perché rivela che le montagne sono oggetti tridimensionali, tanto che la loro prospettiva cambia.



Vi sono anche altri casi di presunti "fondali riciclati", descritti per esempio presso Braeunig.us, ma tutti vengono sbufalati quando si esegue il confronto dettagliato degli originali, che rivela anzi la presenza di parallasse fra le coppie di immagini, a conferma del fatto che i "fondali" sono in realtà oggetti tridimensionali.

Occorre inoltre considerare che sulla Luna non c'è aria, quindi non esiste il graduale offuscamento atmosferico che ci indica visivamente che un oggetto è lontano, e non ci sono oggetti familiari (alberi, case) che diano il senso delle dimensioni. Infine, l'orizzonte sulla Luna è molto più vicino che sulla Terra: è a soli 2,4 chilometri dall'osservatore.

Tutto questo rende difficile rendersi conto che quelle che sembrano essere collinette vicine sono in realtà montagne alte 4500 metri (nel caso dell'Apollo 15, allunata ai piedi degli Appennini lunari), che sono situate a diversi chilometri dal punto di allunaggio e sono viste da punti diversi.

Perché le ombre degli astronauti hanno lunghezze differenti?

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Clavius.org

I lunacomplottisti spesso fanno notare, fra le tante presunte anomalie delle foto lunari, quella della lunghezza differente delle ombre degli astronauti.

"Una spiegazione di quest'anomalia è che i due uomini sono così vicini a una grande fonte luminosa artificiale che quando uno di loro si avvicina o si allontana da questa fonte, la sua ombra varia di conseguenza."

In originale: "An explanation for this anomaly is that the two men are standing in such close proximity to a large artificial light source that as either one moves nearer to or further away from this light, the shadow of each astronaut changes accordingly."

– da Aulis.com.

Chi sostiene questa tesi parte da un presupposto sbagliato: presume che la superficie lunare sia piatta. In realtà è irregolare, con pendenze differenti, che però si notano poco perché non ci sono oggetti familiari ai quali fare riferimento: non ci sono alberi o fiori o altri oggetti di dimensione nota che permettano di valutare distanze e inclinazioni.

E' invece sufficiente un lieve pendio locale del terreno per cambiare drasticamente la lunghezza delle ombre. L'effetto si può notare costruendo un modellino e illuminandolo con una singola fonte di luce posta ad alcuni metri di distanza: in scala, questo equivale a collocare la fonte a varie decine di metri dai soggetti illuminati. Ecco l'effetto che si ottiene quando uno dei due astronauti è in un avvallamento estremamente modesto, tanto che quasi non lo si nota:


R0014208


La presenza dell'avvallamento si nota meglio se la medesima scena viene inquadrata di lato anziché dall'alto:

R0014210

Se poi entrambi gli astronauti sono su pendici opposte di una concavità anche modesta, come quella mostrata qui sotto, l'effetto di variazione della lunghezza delle ombre è ancora più vistoso:

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R0014227

Infatti se si va a verificare la fotografia presentata come prova dai lunacomplottisti, si scopre che l'astronauta di sinistra si trova proprio in una conca del terreno, che non è rilevabile da quell'immagine sgranata ma è resa chiaramente visibile dalla curvatura dell'ombra dell'asta in quest'altra fotografia della zona, la AS11-40-5905, presa da una diversa angolazione:



L'ombra dell'asta della bandiera, anziché essere dritta come indicato dalla riga gialla, è curvata verso il basso: questo indica che si trova in un avvallamento del terreno e ne segue la forma.

Foto, quanto era facile mirare a occhio?

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Spesso i dubbiosi o i semplici curiosi si chiedono come abbiano fatto gli astronauti a inquadrare bene i propri soggetti, considerato che nelle prime missioni la fotocamera usata all'esterno, durante l'escursione lunare, non aveva un mirino.

La risposta è sorprendentemente semplice: miravano alla buona, orientando la fotocamera intera in direzione del soggetto, e sperando di azzeccare l'inquadratura. Di meglio, con le ingombrantissime tute spaziali che limitavano i movimenti, non si poteva fare. Non andò sempre bene, come si può notare da questi esempi, ma fu sufficiente.

Naturalmente la NASA si rese conto in anticipo del problema e cercò di agevolare il compito degli astronauti, addestrandoli a questo tipo di fotografia cara ai fotoreporter d'azione e dotandoli di macchine fotografiche adatte allo scopo.

Le fotocamere usate durante le escursioni sul suolo lunare erano delle Hasselblad 500 EL appositamente modificate per operare nel vuoto ed erano dotate di obiettivi grandangolari, degli Zeiss Biogon f-5.6/60 mm (foto qui sopra) realizzati specificamente per la NASA e successivamente commercializzati al pubblico. La missione Apollo 11 utilizzò esclusivamente quest'obiettivo per le foto scattate all'esterno; le missioni successive adottarono anche altri obiettivi.

Il campo visivo dell'obiettivo Biogon da 60 mm era pari a 66° in diagonale e 49,2° in orizzontale e in verticale, secondo i dati del documento NASA Apollo Lunar Photography (Clavius.org calcola invece 71° in diagonale, vale a dire a 53,5° in orizzontale e in verticale). A differenza delle fotocamere tradizionali amatoriali dell'epoca, che producevano immagini rettangolari (come fanno tuttora le fotocamere digitali) e usavano pellicola da 35 mm, le Hasselblad utilizzavano pellicola da 70 mm e producevano immagini quadrate, come le fotocamere dei fotografi professionisti degli anni Sessanta.

Per capire concretamente quanto fosse facile indovinare a occhio l'inquadratura, si può fare un esperimento molto semplice: usare una fotocamera dotata di un obiettivo grandangolare equivalente a quello delle Hasselblad lunari e fotografare senza guardare nel mirino, semplicemente puntando la fotocamera in direzione del soggetto.

Facendo gli opportuni calcoli, risulta che su una fotocamera in formato 35 mm (36 x 24 mm) occorre usare un obiettivo da 24 mm circa per avere il campo visivo delle fotocamere lunari lungo il lato più corto del fotogramma. Sono poche le fotocamere amatoriali che hanno obiettivi così "larghi", e già questo indica quanto fosse agevolato intenzionalmente il lavoro fotografico degli astronauti.

Una buona approssimazione del campo visivo delle fotocamere degli astronauti lunari si può ottenere con un telefonino: le fotocamere incorporate nei cellulari, infatti, hanno di norma un campo visivo molto ampio (circa 60°), equivalente a un grandangolo da 28 mm tradizionale.

In alternativa, si può tracciare su un cartoncino un triangolo isoscele i cui lati uguali formino un angolo di 49,2°. Ponendo appena sotto il proprio occhio il vertice compreso fra i lati uguali, i due vertici opposti delimitano un campo visivo uguale a quello delle fotocamere degli astronauti lunari.

2009/09/28

Le ombre nel vuoto sono nerissime, allora perché l'astronauta in ombra è illuminato?

di Paolo Attivissimo

Foto come quella di Buzz Aldrin ai piedi del modulo lunare mostrata qui accanto (Apollo 11, foto AS11-40-5869) suscitano spesso dubbi anche in chi non è lunacomplottista duro e puro ma è semplicemente perplesso.

Nel vuoto, si dice, le ombre dovrebbero essere nerissime, perché non c'è atmosfera a diffondere la luce, e l'unica fonte di luce è il Sole. Allora come mai l'astronauta sta nell'ombra del veicolo eppure è illuminato, come da un riflettore apposito? Questo dettaglio dimostra che la foto proviene da un set cinematografico?

Certo che no. L'astronauta è illuminato dal riverbero della superficie lunare, che a sua volta è illuminata a giorno dal Sole. La scienza insegna che la presenza o assenza d'atmosfera non c'entra nulla con questo fenomeno.

Naturalmente la quantità di luce riflessa dalla superficie lunare verso un oggetto che si erge sopra di essa non è pari a quella che colpisce un oggetto esposto alla luce solare diretta: ma come ben sa qualunque fotografo, è sufficiente regolare la fotocamera in modo che raccolga più luce. Questo comporta che gli oggetti illuminati direttamente dal Sole sono sovraesposti: e in effetti nelle foto che ritraggono correttamente soggetti in ombra si nota che la superficie lunare illuminata dal Sole è sovraesposta e quindi molto chiara o addirittura bianca.

Si può osservare l'effetto del riverbero costruendo un modello fisico della scena, come mostrato qui sotto (i dettagli della costruzione sono descritti qui e qui). Durante il corso 2009 del CICAP sul cospirazionismo, il modello è stato fotografato all'aperto, di notte, lontano da qualunque altra superficie illuminata, usando un'unica fonte di luce: una modesta lampada da 35 watt, come si vede qui sotto.


R0012088.JPG

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Come si può notare, le ombre risultano molto scure, ma l'astronauta sulla scaletta, pur essendo in ombra, è visibile:

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Se poi si regola l'esposizione in modo da fotografare correttamente i soggetti in ombra, si ottiene un risultato molto simile a quello della foto dell'allunaggio: l'astronauta è ben illuminato, pur non essendoci altra luce che quella riflessa dalla superficie lunare, e la superficie stessa risulta slavata e sovraesposta.

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L'effetto è osservabile anche in queste due pose, scattate da un'angolazione differente:

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Anche questa tesi lunacomplottista è quindi frutto di semplice incompetenza in materia fotografica.

2009/09/23

Gli astronauti Apollo avrebbero potuto simulare le missioni stando in orbita terrestre?

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Alcune teorie lunacomplottiste, come per esempio quelle di Bart Sibrel, sostengono che gli astronauti delle missioni Apollo partirono realmente con i loro vettori Saturn V e rientrarono con gli ammaraggi che il mondo vide, ma in realtà non andarono sulla Luna: rimasero in orbita intorno alla Terra.

In questo modo, sostengono i lunacomplottisti, non avrebbero dovuto affrontare le fasce di Van Allen, che a loro dire sarebbero letali fasce di radiazioni, e avrebbero potuto effettuare le trasmissioni televisive in cui mostravano di essere in assenza di peso. Soltanto le riprese lunari sarebbero state falsificate.

Questa teoria avrebbe il vantaggio di ridurre notevolmente la portata della messinscena e il numero dei partecipanti alla finzione: i veicoli sarebbero stati realmente funzionanti e soltanto un ristretto numero di addetti avrebbe dovuto sapere del cambiamento di rotta. La partenza sarebbe stata reale e il rientro sarebbe stato altrettanto autentico, e gli astronauti sarebbero stati in un luogo dove nessuno avrebbe potuto incontrarli per sbaglio e avrebbero subito gli effetti fisiologici dell'assenza di peso.

Sembra facile, per come lo descrivono i lunacomplottisti. Ma questa teoria si scontra, come tutte le altre, con l'obiezione principale che si può opporre al lunacomplottismo: l'impossibilità di falsificare, con la tecnologia degli effetti speciali degli anni Sessanta, le riprese televisive e cinematografiche delle missioni. A oggi nessuno è riuscito a fornire una spiegazione plausibile di come sarebbero stati ottenuti gli effetti di gravità ridotta e di traiettoria parabolica della polvere visibili nelle riprese.

C'è poi da considerare che le trasmissioni radio e televisive degli astronauti sarebbero arrivate dall'orbita terrestre anziché dallo spazio profondo, comportando una vistosissima differenza di puntamento delle grandi antenne riceventi situate nei vari continenti (in California, in Australia e in Spagna; la foto mostra l'antenna californiana di Goldstone). Un'orbita intera intorno alla Terra al di sotto delle fasce di Van Allen dura non più di un paio d'ore, per cui le antenne avrebbero dovuto "inseguire" il veicolo degli astronauti man mano che si spostava rapidamente nel cielo, mentre durante un viaggio lunare le antenne sarebbero rimaste puntate verso la Luna, inseguendola nel suo lento spostamento in cielo nell'arco di ventiquattro ore.

In altre parole, il puntamento sbagliato delle antenne sarebbe stato visibile anche agli occhi dei profani nelle vicinanze, che si sarebbero chiesti come mai non puntavano verso la Luna. Per non parlare del fatto che i sovietici, in gara con gli Stati Uniti per raggiungere il prestigiosissimo traguardo della Luna, si sarebbero accorti della messinscena usando i loro radiotelescopi. E se ne sarebbero accorti anche i radioamatori che ascoltarono le trasmissioni radio dai veicoli Apollo puntando le antenne verso il nostro satellite (Tracking Apollo 17 from Florida).

Ma c'è un'altra obiezione che rende assurda la tesi del "parcheggio in orbita": i veicoli sarebbero stati visibili da Terra. Qualunque buon astrofilo sa che anche i piccoli satelliti per telecomunicazioni sono visibili nel cielo notturno (e guastano molte fotografie astronomiche), perché restano illuminati a giorno dal Sole mentre sorvolano le zone del pianeta dove è già calata la notte. Un veicolo grande come l'Apollo (con o senza lo stadio S-IV B) non sarebbe passato inosservato.

Per esempio, lo Shuttle, che viaggia in orbita intorno alla Terra a distanze maggiori rispetto a quelle dei veicoli Apollo, è visibile a occhio nudo con estrema facilità: è un punto luminoso che si sposta rapidamente nel cielo, documentabile con una semplice fotocamera amatoriale.

Quando poi sfiata lo scarico della toilette di bordo o l'acqua in eccesso delle celle a combustibile, si forma una scia luminosa di cristalli di ghiaccio che non passa inosservata, come si vede in questa foto scattata negli Stati Uniti il 9 settembre 2009 da Clair Perry (fonte: Space Fellowship).

L'immagine mostra la scia, di aspetto simile a una cometa, dello Shuttle mentre effettua uno scarico di liquidi prima del rientro a Terra. La linea chiara più in basso è la traccia lasciata nell'arco di alcuni secondi dalla Stazione Spaziale Internazionale.

Con un buon telescopio amatoriale, la Stazione Spaziale Internazionale e lo Shuttle sono fotografabili con questo genere di dettaglio, come ci mostra Astrofoto.it:


Il veicolo Apollo, insomma, sarebbe stato visibile a chiunque se fosse rimasto in un'orbita bassa intorno alla Terra. La teoria lunacomplottista si scontra quindi con i fatti verificabili da chiunque.

Ma c'è di più. Quello che non molti sanno è che gli astronomi e gli astrofili di tutto il mondo poterono seguire i veicoli Apollo anche quando lasciarono l'orbita terrestre e si diressero verso la Luna.


Le immagini qui sopra, per esempio, furono scattate dall'osservatorio astrofisico Smithsonian a Maui il 21 dicembre 1968, e ritraggono l'Apollo 8 (la prima missione a uscire dall'orbita terrestre e circumnavigare la Luna) durante l'accensione dei motori per lasciare l'orbita intorno al nostro pianeta e dirigersi verso il suo satellite. Il successivo scarico del carburante residuo dallo stadio S-IVB fu visibile a occhio nudo e fu documentato da vari astrofili del Regno Unito.

Anche l'incidente occorso all'Apollo 13, che comportò il rilascio di una nube di ossigeno, fu documentato visivamente da Terra. Addirittura la NASA fu costretta a fare ricorso alle osservazioni telescopiche professionali dell'osservatorio Chabot di Oakland per determinare l'esatta posizione del veicolo in modo da poter calcolare l'ultima accensione del motore del modulo lunare, usato come retrorazzo d'emergenza, per far rientrare sani e salvi gli astronauti.

Maggiori dettagli sugli avvistamenti amatoriali e professionali delle missioni Apollo, con molte fotografie, sono disponibili presso Tracking the Apollo Flights, di Bill Keel, e in questi articoli:

  • Optical Observations of Apollo 8, di Harold B. Liemon, Sky and Telescope, marzo 1969, pagg. 156-160
  • Apollo 10 Optical Tracking, in Sky and Telescope, luglio 1969, pagg. 62-63
  • Optical Observations of Apollo 12, in Sky and Telescope, febbraio 1970, pagg. 127-130
  • The Apollo 13 Accident, in Sky and Telescope, July 1970, pag. 14

Va aggiunto, giusto per scrupolo, che le posizioni e gli eventi registrati dagli astrofili coincidono esattamente con le posizioni e gli eventi descritti dalla documentazione tecnica della NASA per le singole missioni.

2009/09/21

Video: le prove migliori che le teorie di lunacomplotto sono fandonie

di Paolo Attivissimo

E' disponibile la registrazione della mia relazione sui complotti lunari alla giornata di studio della Società Astronomica Ticinese di sabato scorso. Stavolta ho scelto un approccio un po' differente dagli altri incontri sul tema: tagliare la testa al toro, senza impantanarmi nelle singole tesi dei complottisti, passando direttamente alla presentazione delle prove migliori e dimostrando oltre ogni ragionevole dubbio che ci siamo andati. Perché se le prove dimostrano inequivocabilmente che ci siamo andati, giocoforza le tesi lunacomplottiste sono sbagliate.

In sala c'era un singolo lunacomplottista soft, che ha esemplificato senza alcuna ostilità, ma con un'apprezzabilissima disponibilità al dialogo, la ragione fondamentale della diffusione e del successo delle teorie di messinscena lunare: la scarsa conoscenza dei fatti e della quantità di materiale documentale disponibile. Una volta che il dubbioso viene messo di fronte a tutti i fatti, capisce senza alcuno sforzo chi sta contando balle.

Ho usato l'occasione per collaudare alcune delle idee e delle risorse tecniche che userò nel documentario Moonscape, come per esempio i radiomicrofoni, preziosi per le interviste che faranno da contorno al documentario stesso, oltre al software di montaggio e alla filiera di produzione e messa in Rete dei video. Mi scuso se il video è un po' buio e alcuni oggetti di scena non si vedono: la prossima volta organizzerò le luci su misura per le riprese video (dal vivo si vedeva tutto bene). Buona visione.



Per chi volesse i link ai singoli video: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto; playlist.

2009/09/20

Il sito dell'Apollo 17 fotografato oggi e 37 anni fa

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Durante la missione Apollo 17, a dicembre del 1972, mentre Gene Cernan e Harrison Schmitt esploravano il suolo lunare, il loro compagno Ron Evans rimase in orbita intorno alla Luna nel modulo di comando e servizio. Le fotocamere automatiche del modulo scattarono numerose fotografie del suolo lunare a scopo cartografico, usando pellicola di grande formato.

Fra le immagini scattate ci fu anche una ripresa del sito di allunaggio del modulo lunare della missione stessa:

Apollo 17, 1972

L'immagine è un dettaglio della Pan Frame 2309, che secondo i dati dell'Apollo Lunar Surface Journal fu scattata l'11 dicembre 1972 alle 23:47:38.1 GMT (116:54:38 del tempo di missione), durante la quindicesima orbita del modulo di comando, da un'altezza di 113.07 km, pochi minuti prima che iniziasse la prima escursione lunare degli astronauti. E' interessante confrontare questa foto di quasi 37 anni fa con quella scattata nel 2009 dalla sonda automatica LRO dello stesso punto:

Sonda LRO, 2008

Ecco un dettaglio della foto precedente:

Sonda LRO, 2008

Si possono sovrapporre le due immagini per vedere se sono compatibili, tenendo conto del fatto che le ombre provengono da direzioni opposte perché una è stata scattata all'alba lunare e l'altra al tramonto:









Chi sostiene che le missioni lunari furono falsificate dovrà spiegare come fece la NASA, nel 1972, a pubblicare una fotografia del sito di allunaggio dell'Apollo che corrisponde esattamente alle immagini che ci invia oggi la sonda automatica LRO.

E' veramente difficile pensare che i tecnici di oggi dell'LRO siano in combutta con i loro predecessori di quarant'anni prima per falsificare entrambe le immagini, considerato anche che in orbita intorno alla Luna vi sono anche sonde di ricognizione di altri paesi, che permetterebbero di rivelare subito qualunque inganno cartografico o manipolazione delle immagini.

2009/09/18

Perché il programma Apollo si chiama così?

di Paolo Attivissimo

La NASA degli anni 50 e 60 del secolo scorso aveva l'abitudine di dare nomi tratti dalla mitologia greca ai propri veicoli, e anche i militari dello stesso periodo non furono da meno: basti pensare ai missili terra-aria Nike-Hercules e Nike-Ajax, giusto per fare un esempio.

Quando ancora si chiamava NACA, l'ente spaziale civile statunitense usò il missile Jupiter-C per dei voli suborbitali senza equipaggio (1956-1957). Il primo satellite artificiale statunitense, Explorer I (1958), fu lanciato da un vettore Juno (Giunone). Il primo programma spaziale umano statunitense fu denominato Mercury; il secondo Gemini (dai gemelli mitologici Castore e Polluce) e viaggiò su vettori Atlas (Atlante) e Titan; e naturalmente il terzo, quello che raggiunse la Luna, fu battezzato Apollo e viaggiava su missili Saturn. Oggi i nuovi vettori, oggetto di molte controversie, sono denominati Ares I e Ares V. Vi furono eccezioni abbondanti a quest'abitudine, ma l'uso di nomi della mitologia greca non fu certo una novità del programma Apollo.

Tuttavia molti potrebbero chiedersi che c'entra Apollo, dio del Sole, con una missione lunare. Il nome fu scelto da Abe Silverstein (1908-2001; foto qui sopra), ingegnere e ricercatore aerospaziale: uno dei padri del programma spaziale statunitense e direttore dell'Office of Flight Programs a partire dal 1958. Progettista del primo tunnel del vento supersonico statunitense, diresse gli sforzi che portarono al progetto Mercury, alle sonde automatiche Pioneer e alla definizione delle basi tecniche del programma Apollo, per poi assumere il ruolo di direttore del Lewis Research Center (oggi John H. Glenn Research Center) della NASA a Cleveland dal 1961 al 1969.

Silverstein propose il nome Apollo a gennaio del 1960, durante una riunione dedicata a come superare i risultati e il nome del progetto Mercury con qualcosa di più ambizioso (il progetto Gemini fu lanciato successivamente, quando fu chiara la necessità di una tappa tecnologica intermedia).

Non ci fu "nessun motivo specifico" nella scelta del nome, secondo quanto dichiarato da Silverstein: "era semplicemente un nome attraente" che seguiva la tradizione dell'uso di nomi di dei ed eroi mitologici greci; disse anche che lo fece con lo stesso spirito con il quale avrebbe scelto il nome di un proprio figlio, perché aveva delle connotazioni gradevoli. L'amministratore della NASA, T. Keith Glennan, approvò il nome Apollo il 25 luglio 1960 e lo annunciò pubblicamente tre giorni più tardi.

Fonti: Britannica.com; New York Times; Astronautix.com; Spaceref.com; Nasa.gov; Murray e Cox, Apollo, pag. 55; Origins of NASA names.

2009/09/17

La sonda LRO scende a un'orbita più bassa. In arrivo foto ancora migliori dei siti di allunaggio

di Paolo Attivissimo

Rispettando la tabella di marcia, il 15 settembre scorso la sonda Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) ha raggiunto ieri la propria orbita definitiva a 50 chilometri d'altezza sopra la superficie della Luna. Lo ha comunicato il sito della missione qui.

Questo significa che a breve saranno disponibili immagini dei siti di allunaggio ancora più dettagliate di quelle riprese dalla sonda mentre si trovava nell'orbita temporanea, a circa 100 chilometri d'altezza, e pubblicate nei mesi scorsi.

A cosa servivano i "bip" durante le comunicazioni radio?

di Paolo Attivissimo

Riascoltando le trasmissioni radio delle missioni Apollo, è facile essere colpiti dai brevi fischi, piuttosto fastidiosi, che separano le voci degli interlocutori che stavano a terra da quelle degli astronauti nello spazio. Non sono molti a sapere che in realtà questi fischi di norma non venivano uditi dagli astronauti e che non servivano a segnalare che si passava la parola all'altro interlocutore, come è facile presumere erroneamente.

I "bip" si chiamano in realtà toni Quindar, o Quindar tones in inglese, e servivano per comandare l'invio del segnale da parte dei vari trasmettitori radio, sparsi per il globo terrestre, utilizzati dalla NASA per comunicare con gli astronauti. I toni Quindar sono tuttora utilizzati in alcune comunicazioni radio spaziali. Il nome deriva da quello della società Quindar Electronics, Inc., che realizzò gli apparati che generavano questi toni e rispondevano ai loro comandi.

I trasmettitori erano sparsi per il globo e venivano utilizzati a turno man mano che la rotazione della Terra li poneva in direzione del veicolo spaziale. Erano collegati al Controllo Missione di Houston, in Texas, tramite linee telefoniche che, essendo all'epoca analogiche, soffrivano di varie interferenze e disturbi, per cui era necessario tacitare (mettere in mute) il trasmettitore localmente, presso il trasmettitore stesso, anziché limitarsi a chiudere il microfono a Houston. Alcuni test di questo sistema, tratti dalla missione Apollo 11, sono ascoltabili qui.

I toni Quindar erano un segnale trasmesso lungo queste linee telefoniche, in modo simile a quanto avveniva un tempo per il tono dello "scatto" sulle normali linee telefoniche di chi faceva attivare il contascatti. Per chi ha un'infarinatura di comunicazioni radio o ha mai usato dei walkie-talkie, i toni Quindar erano insomma l'equivalente del pulsante Push To Talk: quello che si preme per parlare e si rilascia per ascoltare.

In realtà le comunicazioni radio delle missioni Apollo non richiedevano che astronauti e CapCom (la persona del Controllo Missione che dialogava direttamente con gli astronauti, come nella foto qui sopra) parlassero a turno: il sistema era full duplex. Astronauti e CapCom evitavano però di parlare simultaneamente per evitare incomprensioni ed accavallamenti.

Inoltre il CapCom doveva comunque azionare un pulsante per aprire il proprio microfono, in modo da non trasmettere agli astronauti il rumore di fondo della sala del Controllo Missione e le conversazioni che non erano di loro interesse, disturbandoli magari durante il sonno. Gli astronauti potevano scegliere fra due modalità: PTT, come il CapCom, oppure VOX. Nel primo caso dovevano premere un pulsante per trasmettere; nel secondo, la trasmissione veniva attivata automaticamente quando il loro microfono captava la loro voce. La modalità VOX era molto preziosa quando gli astronauti avevano le mani impegnate, per esempio durante le escursioni lunari.

I toni Quindar sono onde sinusoidali che durano 250 millisecondi. La frequenza del tono di attivazione (inizio trasmissione) è 2525 Hz, mentre quella del tono di disattivazione (fine trasmissione) è 2475 Hz. Un dispositivo di filtraggio li eliminava dal segnale inviato agli astronauti: per questo normalmente non li sentivano, anche se vi furono alcune missioni, come l'Apollo 8, nelle quali ogni tanto il filtraggio non funzionò perfettamente.

Fonti: Quindar Tones, Apollo Lunar Surface Journal; The Story Behind the Beep, Mission Transcript Collection. Nella foto: a sinistra, Charlie Duke, CapCom della missione Apollo 11; al centro, James Lovell; a destra, Fred Haise. Credit: NASA.

2009/09/16

Diretta TV Apollo 11 restaurata: i file in qualità broadcast


La NASA ha pubblicato i file in qualità broadcast di alcuni spezzoni restaurati della diretta televisiva dell'EVA della missione Apollo 11. Sono disponibili qui.

Si tratta di file molto pesanti (dal gigabyte in su), ma sono in risoluzione HD ed eliminano gran parte delle fastidiose scalettature presenti nelle versioni a qualità inferiore.

Rispetto al materiale presentato a luglio 2009 c'è uno spezzone inedito, che non fu trasmesso all'epoca dai network: il lancio degli zaini di sopravvivenza (PLSS) fuori dal portello del LM e lungo la scaletta, dopo che gli astronauti erano rientrati nel modulo lunare.

Il confronto fra la diretta originale e la versione restaurata dalla Lowry Digital è eloquente in immagini come questa, tratta dalla prima parte della diretta, quando il segnale era maggiormente degradato:



Si tratta di un restauro provvisorio e incompleto: in attesa di quello definitivo e integrale, atteso entro la fine di settembre, userò questi spezzoni come copia di lavorazione per Moonscape 11.

2009/09/14

Quanto materiale visivo sarebbe stato necessario falsificare?

di Paolo Attivissimo. L'articolo viene pubblicato anche se privo di alcuni dati per fornire un riferimento utile per la discussione della prima missione di sbarco lunare, per la quale i dati sono completi. Verrà integrato man mano che saranno acquisiti i materiali necessari per la compilazione dei conteggi di durata delle riprese.

È facile dire "hanno falsificato i video e le foto" e pensare così di avere una tesi plausibile da proporre.

Ma quando si va a controllare i fatti e i dati, si scopre che il problema della teoria della messinscena si scontra non soltanto con il problema di come sarebbero stati falsificati (cioè con quale tecnologia di effetti speciali, negli anni Sessanta, ben prima dell'era digitale), ma di quanto materiale sarebbe stato necessario falsificare in modo perfettamente coerente.

Molti pensano che si tratti di qualche foto e di qualche video sgranato, ma non è così: soltanto la prima missione di sbarco, l'Apollo 11, produsse 340 fotografie, oltre cinque ore di trasmissione televisiva e 87 minuti di ripresa cinematografica a colori dalla superficie della Luna. Soltanto la missione Apollo 16 generò quattordici ore di diretta TV a colori e di riprese cinematografiche a colori sulla Luna.

Come sarebbe stato possibile realizzare tutto questo materiale usando gli effetti speciali dell'epoca, e farlo oltretutto in modo che foto, diretta TV e riprese cinematografiche fossero assolutamente coerenti fra loro?

Prendiamo, per esempio, il totale del materiale visivo (dirette TV, riprese cinematografiche su pellicola e fotografie) prodotto dalle sei missioni che sbarcarono sulla Luna e consideriamo solo quello realizzato durante la presenza umana sul suolo selenico e durante le escursioni sulla superficie lunare, escludendo quindi tutto quello realizzato durante il resto delle missioni, che sarebbe stato forse simulabile in orbita terrestre, come sostengono alcuni lunacomplottisti. Otteniamo dei dati davvero considerevoli: dalla superficie della Luna furono realizzate:
  • 6515 fotografie su pellicola di grande formato (70 mm) in bianco e nero e a colori
  • almeno 14 ore [dato in lavorazione] di immagini televisive in bianco e nero e a colori
  • almeno 76 minuti [dato in lavorazione] di riprese su pellicola cinematografica a colori

Vediamo in dettaglio questi numeri. Per ciascuna missione, la fonte per il conteggio delle fotografie è l'Apollo Image Atlas presso il Lunar and Planetary Institute. La fonte riporta qualche inesattezza nel numero preciso di scatti, ma nulla che alteri l'ordine di grandezza dei singoli conteggi. Per le riprese TV e cinematografiche, la fonte è la serie di DVD della Spacecraft Films, contenenti tutto il materiale audiovisivo relativo alle singole missioni.


Apollo 11


340 fotografie dalla superficie della Luna, su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori:
– Magazine R, a colori, 107 foto a bordo del LM, da AS11-37-5449 a -5555;
– Magazine Q, in bianco e nero, 107 foto a bordo del LM, da AS11-39-5737 a -5843;
– Magazine S, a colori, 126 foto (3 a bordo del LM, da AS11-40-5847 a -5849, e 123 in escursione sulla superficie lunare, da AS11-40-5850 a -5970, più 5882A e 5966A).

5 ore e 4 minuti di diretta televisiva. La diretta TV cominciò a 109:21:54, quando Neil Armstrong iniziò l'escursione sulla superficie della Luna scendendo lungo la scaletta del modulo lunare, e terminò a 114:25:43, molto dopo che gli astronauti erano rientrati nel veicolo. Non tutte le emittenti televisive trasmisero la diretta dopo il rientro degli astronauti nel modulo lunare dopo circa due ore e mezza di passeggiata sulla Luna, ma Ed von Renouard, uno dei tecnici incaricati della gestione delle trasmissioni lunari in Australia, filmò in parte, con la propria cinepresa, la fase successiva alla passeggiata, catturando il momento in cui Armstrong e Aldrin gettarono fuori gli zaini di sopravvivenza (PLSS) usati per l'escursione. Il filmato è visionabile qui (fonti: capitoli One Small Step e Trying to Rest dell'Apollo Lunar Surface Journal; Honeysucklecreek.net).

87 minuti di ripresa cinematografica su pellicola 16 mm a colori. Dopo l'allunaggio, la ripresa dell'escursione inizia con la discesa di Neil Armstrong lungo la scaletta a 109:19:47 e termina a 109:28:17 (8 minuti e mezzo). Dopo una pausa di circa 5:05 per il cambio del caricatore di pellicola, prosegue ininterrottamente da 109:33:32 a 110:49 circa (76 minuti). Ci sono inoltre circa 2 minuti e mezzo di riprese effettuate dall'interno del modulo lunare al termine dell'escursione (fonti: Apollo Lunar Surface Journal e DVD Apollo 11 - Men on the Moon, Spacecraft Films; Apollo 11 Onboard Film presso Archive.org).

Dal punto di vista della difficoltà di realizzazione tramite effetti speciali, va notato che a questo materiale occorre aggiungere anche le riprese su pellicola 16mm della discesa verso la Luna (circa 8 minuti) e del decollo dalla Luna (circa 2 minuti e mezzo). Ciascuna di queste riprese è una sequenza continua, senza stacchi, che mostra la superficie lunare a distanze variabili. E la discesa termina con un getto di polvere che schizza orizzontalmente, senza formare volute, come può avvenire soltanto nel vuoto. Come sarebbe stato possibile realizzare sequenze di questo genere usando modellini? Persino Stanley Kubrick sbagliò questo dettaglio in 2001: Odissea nello Spazio, come si vede qui sotto.



 

Apollo 12

583 fotografie su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori: Magazine Y (a colori), 154 foto, di cui 138 durante l’EVA e 16 dall’interno del LM; Magazine V (a colori), 126 foto, di cui 115 durante l’EVA e 11 dall’interno del LM; Magazine X (bianco e nero), 150 foro, di cui 21 dall’interno del LM e 119 durante l’EVA; Magazine Z (bianco e nero), 153 foto, tutte durante l‘EVA.

X minuti di diretta televisiva. Questo dato è ancora in fase di ricerca.

X minuti di riprese cinematografiche su pellicola 16 mm a colori. Questo dato è ancora in fase di ricerca.


Apollo 13

Questa missione non raggiunse il suolo lunare a causa di una grave avaria a bordo, per cui non produsse materiale visivo ripreso sulla superficie della Luna.


Apollo 14

417 fotografie su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori: Magazine LL (b/n), 156; Magazine KK (b/n), 14; Magazine II (col), 115; Magazine JJ (col), 33; Magazine MM (b/n), 99.

499 minuti (8,3 ore) di diretta televisiva.

X minuti di riprese cinematografiche su pellicola 16 mm a colori. Questo dato è ancora in fase di ricerca.


Apollo 15

1151 fotografie su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori: Magazine SS (b/n), 171; Magazine MM (b/n), 115; Magazine LL (b/n), 177; Magazine NN (col), 165; Magazine KK (col), 131; Magazine TT (col), 94; Magazine WW (b/n), 164; Magazine PP (b/n), 88; Magazine OO (b/n), 46.

X minuti di diretta televisiva. Questo dato è ancora in fase di ricerca.

X minuti di riprese cinematografiche su pellicola 16 mm a colori. Questo dato è ancora in fase di ricerca.


Apollo 16

1787 fotografie su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori: Magazine M (b/n), 184; Magazine K (b/n), 182; Magazine C (col), 165; Magazine I (b/n), 162; Magazine G (b/n), 119; Magazine H (b/n), 168; Magazine J (b/n), 160; Magazine L (b/n), 86; Magazine A (col), 87; Magazine B (col), 88; Magazine D (col) 92; Magazine E (col), 162; Magazine F (col), 132.

817 minuti (13,6 ore) di diretta televisiva.

76 minuti di riprese cinematografiche su pellicola 16 mm a colori.

 

Apollo 17

2237 fotografie su pellicola 70mm, in bianco e nero o a colori: Magazine J (b/n), 183; Magazine B (col), 138; Magazine G (b/n), 147; Magazine H (b/n), 186; Magazine C (col), 162; Magazine I (b/n), 157; Magazine K (b/n), 92; Magazine E (col), 159; Magazine L (b/n), 159; Magazine M (b/n), 165; Magazine N (b/n), 149; Magazine R (b/n), 150; Magazine D (col), 90; Magazine F (col), 162; Magazine A (col), 138.

X minuti di diretta televisiva. Questo dato è ancora in fase di ricerca.

X minuti di riprese cinematografiche su pellicola 16 mm a colori. Questo dato è ancora in fase di ricerca.

2009/09/12

Recensione: "Polvere di Luna"

di Hammer

E' uscita nell'agosto del 2006 la versione italiana del libro "Moondust" di Andrew Smith. Il libro, il cui titolo italiano è "Polvere di Luna", raccoglie le interviste rilasciate all'autore tra il 1999 e il 2005 dai nove astronauti superstiti che hanno camminato sul suolo lunare.

Il libro è di innegabile fascino nel raccontare particolari poco noti delle personalità di queste straordinarie persone. Dalle interviste emergono dettagli interessanti sulle loro vite o sulle missioni lunari, come la depressione che ha colto alcuni dopo il termine del programma Apollo, le modalità con cui hanno espletato le proprie necessità fisiologiche nell'astronave in assenza di gravità e di servizi igienici o il fatto che Aldrin, stando a quanto dice Smith, sia solito non scrivere mai nulla, forse a causa di una fobia.

Ma ciò che purtroppo manca nel libro di Smith è ciò che per il lettore neofita sarebbe fondamentale: la storia delle missioni lunari. Questo libro non aiuta in nessun modo ad avere un quadro d'insieme sul Progetto Apollo. Non ne narra la storia e non ne presenta gli astronauti in ordine di missione spaziale, ma in ordine cronologico di intervista.

"Polvere di Luna" è un buon complemento per chi già conosce il Programma Apollo e vuole approfondirne gli aspetti meno noti. Ma non è un testo da cui cominciare se si vuole studiare a fondo la più grande impresa dell'uomo.

2009/09/03

LRO fotografa il sito dell'Apollo 12

di Paolo Attivissimo

E' stata pubblicata poche ore fa la prima immagine del sito di allunaggio dell'Apollo 12 scattata dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO).



L'immagine è cliccabile per ingrandirla. Il sito si trova nell'Oceano delle Tempeste. L'Apollo 12, la seconda missione a raggiungere il suolo lunare, arrivò sul posto il 14 novembre 1969, poco meno di quattro mesi dopo l'Apollo 11, ed eseguì un allunaggio di precisione per raggiungere un obiettivo molto particolare: la sonda automatica Surveyor 3, che era arrivata due anni prima. Gli astronauti Alan Bean e Pete Conrad ne raccolsero alcuni pezzi per esaminare il deterioramento prodotto dall'esposizione prolungata alle condizioni lunari.

Nella fotografia si notano lo stadio di discesa del modulo lunare, battezzato Intrepid, la sonda Surveyor, la strumentazione lasciata sulla Luna (ALSEP) e le tracce delle orme degli astronauti.

L'immagine di oggi, trasmessa dalla sonda LRO, non solo costituisce un'ulteriore conferma dell'autenticità degli sbarchi lunari, ma permette di mostrare con chiarezza quanto può essere ingannevole l'esame delle fotografie lunari, nelle quali mancano gli oggetti familiari che usiamo come riferimenti per valutare distanze e inclinazioni: alberi, cespugli, case, animali, persone. La sonda Surveyor, infatti, atterrò sulle pendici scoscese di un cratere (che prese il suo nome), tanto che gli astronauti temettero che nel maneggiarla per rimuovere i pezzi potesse scivolare verso valle. Ma da fotografie come quella qui sotto è impossibile rilevare una pendenza così ripida.



Un altro elemento di conferma è inoltre il controllo incrociato fra le immagini dell'area di allunaggio trasmesse dalla sonda Surveyor, quelle scattate dagli astronauti dell'Apollo 12 e quelle della sonda LRO. Tutte sono pubblicamente disponibili. I dubbiosi in proposito sono invitati a fare il confronto e riferire i risultati, per poi spiegare come la NASA sarebbe riuscita, nel 1967, a trasmettere immagini perfettamente coerenti con quelle del 1969 e con quelle del 2009. Sempre che non si voglia ipotizzare che anche la missione Surveyor fu falsificata e che l'omertoso complotto sia addirittura multigenerazionale.

Questa nuova foto proveniente dalla sonda LRO è disponibile qui anche come immagine completa, come video in alta definizione scaricabile e come video Youtube.

Neil Armstrong confessa: fu una messinscena

di Paolo Attivissimo

Ha fatto il giro del mondo la notizia, pubblicata il 31 agosto scorso e riportata da numerosi siti come NASAwatch.com, 20minutes.fr, FinanzaOnline.com e Bad Astronomy (il sito dello scettico e debunker Phil Plait), che Neil Armstrong, noto a tutti come il primo uomo sulla Luna, ha "annunciato in un conferenza stampa che è convinto che il suo storico primo passo sulla Luna fu parte di una complessa messinscena organizzata dal governo degli Stati Uniti".

Comprensibile lo stupore di molti lettori di questo blog, che hanno letto la notizia e l'hanno segnalata. Anche se le mie posizioni di sostenitore della realtà degli sbarchi lunari sono ben note, la deontologia professionale mi impone di riferire quanto è accaduto.

Pubblico qui la traduzione dei brani principali dell'articolo per chiarire che la notizia non scaturisce da un malinteso dovuto alla poca dimestichezza di qualche redattore distratto e poco padrone della lingua inglese.

"Armstrong dice di essere stato costretto a riconsiderare ogni dettaglio del viaggio monumentale dopo aver visionato alcuni video su Youtube molto convincenti e dopo aver letto vari articoli nel sito Web Omissioncontrol.org del complottista Ralph Coleman" dice l'articolo.

L'astronauta, visibilmente emozionato, ha detto ai giornalisti riuniti in casa sua che "Sono bastati alcuni paragrafi scritti di corsa da questo appassionato negatore della cosiddetta 'massima conquista tecnologica' dell'umanità per rendermi conto che avevo interpretato una vita di menzogne. Mi è diventato dolorosamente evidente che il 20 luglio 1969 il modulo lunare pilotato dal mio equipaggio in realtà non viaggiò per 250.000 miglia nell'arco di otto giorni, non sbarcò sulla Luna e non svolse vari esperimenti, aprendo le porte a una nuova era dell'umanità. Invece tutto fu ripreso su un set cinematografico, probabilmente nel Nuovo Messico. Questa è l'unica interpretazione logica delle numerose contraddizioni presenti nelle riprese sgranate e vecchie di quarant'anni."

Secondo l'articolo, "Sebbene Armstrong abbia detto che avrebbe giurato di aver percepito gli effetti dell'assenza di peso mentre volava fuori dall'atmosfera della Terra e attraverso lo spazio, è ora convinto che i suoi ricordi devono essere sbagliati. Ha anche ammesso di provare imbarazzo per non essersi accorto dello sventolio della bandiera americana che lui e Buzz Aldrin piantarono sulla superficie, e attribuisce la sua scarsa presenza di spirito all'ingombro della tuta spaziale e all'emozione di viaggiare verso la 'Luna'".

"Quello sventolio non è possibile nel vuoto dello spazio" prosegue l'articolo, riportando le parole di Armstrong, "deve essersi trattato dello spiffero di un condotto dell'aria condizionata, che io non ho notato perché dentro i caschi non si sente un bel niente".

Il sito che ha pubblicato la notizia riferisce inoltre che "Armstrong ha spiegato che probabilmente era così concentrato sul pilotaggio del modulo lunare che non s'è accorto che una delle rocce lunari visibile nelle immagini dell'allunaggio sembra avere incisa la lettera 'C'. Un Armstrong emozionato ha detto che l'unica spiegazione possibile di questo dettaglio è che la roccia provenisse in realtà dal reparto scenografie della NASA."

Dice Armstrong nell'articolo: "Si sono dimenticati di girarla... Quei bastardi bugiardi della NASA si sono presi la briga di falsificare lo sbarco sulla Luna, ma si sono dimenticati di voltare un piccolo sasso finto. E adesso tutta questa porcata gli è esplosa in faccia".

L'articolo, intitolato "Complottista convince Neil Armstrong che lo sbarco sulla Luna fu simulato", è stato scritto e pubblicato da The Onion: per chi non lo conoscesse, è un sito che fa satira pubblicando finte notizie che imitano lo stile dei siti informativi reali.


2009/09/04 - Chi ci è cascato


la BBC segnala le scuse di due giornali del Bangladesh, il Daily Manab Zamin, e il New Nation.

La sonda indiana Chandrayaan ha fotografato il sito dell'Apollo 15 (UPD 20090904)

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Continuano ad accumularsi le conferme della presenza dei veicoli Apollo sulla superficie della Luna. Prakash Chauhan delll'ISRO, l'ente spaziale indiano responsabile per la sonda lunare Chandrayaan 1, ha dichiarato che la sonda è stata in grado di identificare il sito di allunaggio dell'Apollo 15 e che le immagini ritrasmesse a Terra dalla Terrain Mapping Camera montata sulla sonda "mostrano le tracce lasciate dai Lunar Rover [le automobili elettriche] usati dagli astronauti per viaggiare sulla superficie della Luna".

Chauhan ha aggiunto che "la polvere lunare è scura: i veicoli spaziali e i rover hanno causato alterazioni facilmente riconoscibili. La superficie alterata è chiara".

Le dichiarazioni sono state fatte mercoledì 2 settembre 2009 da Chauhan nel corso della sua presentazione intitolata “Chandrayaan-1: TMC and HYSI data analysis for Apollo landing sites and Mare Orientale”, tenuta nell'ambito di una conferenza sulle missioni planetarie a basso costo.

L'ISRO ha recentemente perso i contatti con la sonda e la missione si è conclusa prematuramente ma comunque con un ricco bottino di dati scientifici (oltre 70,000 immagini nel corso di 312 giorni di orbita lunare) e di esperienze preziose per il programma spaziale indiano.

A quanto risulta, le immagini annunciate da Chauhan non sono ancora ufficialmente disponibili e non ci sono annunci formali in tal senso da parte dell'ISRO. Tuttavia il sito Gizmodo.com mostra quelle che sembrano essere le immagini di Chandrayaan elaborate e proiettate su un modello altimetrico digitale della zona.





Immagini quasi identiche sono presentate dal sito pakistano Defence.pk:




A questo punto i sostenitori della falsificazione delle missioni Apollo dovranno includere nello sterminato elenco dei partecipanti al complotto anche l'ente spaziale indiano e i suoi addetti.

Fonti aggiuntive: Taragana.com, News24.com, Times of India, The Hindu.