2008/12/31

Nuovo rapporto sull'incidente del Columbia

di Paolo Attivissimo

Ieri la NASA ha pubblicato un rapporto di 400 pagine (scaricabile qui) di approfondimento sul disastro del Columbia, che si disintegrò durante il rientro nell'atmosfera, uccidendo i sette membri dell'equipaggio, l'1 febbraio 2003.

La causa fu un impatto, avvenuto al decollo, con un frammento di schiuma isolante staccatosi dal serbatoio esterno di carburante: il frammento ruppe la protezione termica del bordo dell'ala, producendo un varco dal quale i gas roventi del rientro penetrarono nella struttura dell'ala, fondendola dall'interno fino a distruggerla.

Il rapporto (parzialmente censurato per quanto riguarda i dettagli personali dei resti degli astronauti) documenta che l'equipaggio perì per l'improvvisa perdita d'ossigeno in cabina e per gli impatti traumatici dovuti al distacco della cabina dal resto del veicolo, come già appurato dalla prima indagine svolta subito dopo il disastro, ma aggiunge che i piloti si resero conto dei primi sintomi di cedimento della struttura circa un minuto prima della disintegrazione del velivolo e tentarono di rimediarvi fino all'ultimo istante, dimostrando una determinazione incredibile.

La scelta di pubblicare il rapporto in questi giorni è stata fatta per rispettare i familiari dell'equipaggio del Columbia, dopo Natale ma mentre i bambini sono a casa da scuola, in modo che possano discuterne in privato con la famiglia.

Il rapporto indica che gli astronauti sopravvissero alla frammentazione iniziale del Columbia, quando il modulo abitato del veicolo, contenente le due cabine dell'equipaggio, si staccò praticamente integro dal resto della fusoliera e restò intero per circa 38 secondi, precipitando per 20 chilometri, privo di energia e senza contatto radio. La disgregazione durò altri 24 secondi circa. Nell'immagine qui sotto, i resti della cabina sono indicati dal circolo giallo.



Le cabine, però, si depressurizzarono così rapidamente che l'equipaggio perse conoscenza prima di poter attivare le tute pressurizzate. E' presumibile che nessuno abbia ripreso conoscenza. In ogni caso, la rotazione incontrollata della struttura sottopose i corpi degli astronauti a traumi letali, scuotendone violentemente il tronco e la testa.

Il rapporto sembra indicare, in modo piuttosto sorprendente, che l'equipaggio avrebbe potuto sopravvivere ai traumi della disgregazione del veicolo se fosse stato protetto dai suoi primi effetti fisici e termici mediante una struttura più resistente e sistemi di ritenzione più efficaci, che bloccassero il corpo contro gli scuotimenti (casco imbottito su misura e cinture di sicurezza integrali), e da tute sigillate e pressurizzate. Tuttavia queste misure sarebbero in contrasto con le procedure di rientro dello Shuttle, che prevedono che l'equipaggio debba essere sostanzialmente libero di muoversi in cabina e non sia chiuso nelle tute pressurizzate.

...crew survival under environmental circumstances seen in this mishap could be possible given the appropriate level of physiological and environmental protection.


Il rapporto contribuisce anche a sfatare il mito della disintegrazione totale di un veicolo al rientro nell'atmosfera. Molti resti della cabina, nonché i resti degli astronauti, furono recuperati intatti e privi di segni di combustione o surriscaldamento. L'orologio da polso portato in orbita dall'astronauta David Brown come regalo di compleanno per un ingegnere del centro spaziale Kennedy fu recuperato quasi integro, con le lancette bloccate alle 9:06.

Qui sotto sono mostrate alcune immagini di resti del velivolo: un frammento di pannello della fusoliera e una bombola d'ossigeno. Il rapporto contiene molte altre immagini dei resti insieme a fotogrammi dell'ultimo video ripreso dagli astronauti durante il rientro.






Ulteriori dettagli sono pubblicati in inglese da SpaceflightNow. Una dettagliatissima FAQ preparata dagli specialisti è disponibile in inglese qui.

2008/12/26

Il Press Kit dell'Apollo 8

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Presso Gizmodo è disponibile una scansione (parziale ma molto ricca) del Press Kit di 101 pagine affidato ai giornalisti per annunciare la missione, che era particolarmente importante perché era stata modificata all'ultimo momento per renderla molto più ambiziosa e pericolosa. Un PDF completo è disponibile presso gli archivi Nasa.

Il Press Kit elenca il numero impressionante di componenti vitali e di procedure che venivano collaudate per la prima volta, dai motori ai sistemi radio alle procedure per evitare che la parte esposta al sole del veicolo si surriscaldasse mentre la parte in ombra gelava.

Per i lunacomplottisti che contestano che le radiazioni delle fasce di Van Allen avrebbero dovuto friggere gli astronauti, questo press kit d'epoca permette di far notare che (ovviamente) la NASA si era posta il problema e ne aveva tenuto conto nella progettazione dei veicoli. A pagina 6 del Press Kit si legge infatti:

Solar radiation and radiation in the Van Allen belt around the Earth present no hazard to the crew of Apollo 8 in the thick-skinned command module. The anticipated dosages are less than one rad per man, well below that of a thorough chest X-ray series.


2008/12/24

40 anni fa, la prima circumnavigazione della Luna: Apollo 8

di Paolo Attivissimo

Il 24 dicembre 1968, Jim Lovell, William Anders e Frank Borman (foto qui accanto, tratta da Life) furono le prime tre persone a circumnavigare la Luna. Furono anche i primi astronauti a lasciare l'orbita terrestre, a scorgere con i propri occhi la faccia della Luna che non è mai visibile da Terra e a vedere la Terra intera come una sfera sospesa nel cielo. Lo fecero in un veicolo, il Saturno 5, che non aveva mai volato prima con un carico umano.

Non avevano a bordo il modulo lunare, che non era ancora pronto; al suo posto c'era un simulacro come zavorra, e quindi non avevano neanche la possibilità di usarlo come scialuppa e propulsore d'emergenza, come avverrà per l'Apollo 13. Ma la CIA aveva saputo che i sovietici stavano tentando di circumnavigare la Luna per primi a sorpresa, e gli Stati Uniti non volevano farsi battere anche stavolta. Il profilo originale della missione (orbita terrestre con prova degli apparati) fu cambiato di corsa.

Alla partenza, Charles Lindbergh era lì a vederli decollare consumando in un secondo dieci volte il carburante che lui aveva usato per la sua celebre trasvolata in solitario dell'Oceano Atlantico. Nel giro di 65 anni, l'umanità era passata dal timido balzo di 40 metri dei fratelli Wright all'inserimento in orbita lunare.

Ma il più grande lascito di questa missione non fu il trionfo tecnologico di una missione ad alto rischio e funestata da vari incidenti ed errori (compresa una cancellazione involontaria della memoria del computer di navigazione e una crisi di diarrea che riempì la capsula di globuli fluttuanti poco raccomandabili), alla faccia di chi dice che le missioni lunari furono troppo perfette per essere vere. Fu questa fotografia a colori della Terra vista dalla Luna, scattata la vigilia di Natale, a lasciare una traccia permanente nella cultura dell'epoca e di oggi. Più di ogni altra immagine o dato tecnico, questa prima visione della Terra come un'unica, delicata isola condivisa rese visceralmente la bellezza e la fragilità del nostro mondo e divenne un'immagine simbolo del nascente movimento ambientalista.



Ne trovate una versione ad altissima risoluzione qui.

In quella stessa missione, i tre astronauti effettuarono dalla Luna una trasmissione televisiva (scaricabile qui), all'epoca la più vista della storia, nella quale mostrarono la superficie della Luna in diretta e lessero un passo della Genesi (una scelta controversa descritta qui). L'immagine fotografica, essendo su pellicola, fu pubblicata soltanto dopo il ritorno degli astronauti.

A quarant'anni di distanza, quel regalo viene ripresentato. Cerchiamo di non dimenticarne la bellezza e il valore. Buon Natale.